minacce aggravate

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Può capitare che i rapporti tra l’Amministrazione condominiale ed i condomini siano alquanto problematici e le frasi rivolte da questi ultimi all’Amministratore sfocino in vere e proprie minacce.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame (19702/2019), ha stabilito che non è mai lecito superare il limite del normale rapporto civile di confronto.

Nel caso di specie, una condomina aveva urlato – riferendosi allAmministratrice dello stabile condominiale in cui abitava – frasi del seguente letterale tenore “Questa è una ladra, questa la deve pagare, la porto in tribunale, deve avere paura” e “La levo davanti, prima che te ne vai ti devo uccideree “Questa fa la padrona del Condominio, deve smetterla, io ho gli stessi millesimi…metterò una bomba farò saltare in aria tutte le puttane“.

Nelle espressioni utilizzate dalla donna, la Corte ha riconosciuto la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di “minaccia”, alla luce della presenza di minacce di morte, anche corredate del riferimento all’intenzione di fare uso di una bomba.

La minaccia, secondo la definizione contenuta nel codice penale (art. 612), consiste nella prospettazione di un male futuro, il cui avverarsi dipende dalla volontà dell’agente, richiedendosi l’idoneità della stessa a turbare psicologicamente la persona offesa; in altre parole, ad intimidirla.

Nel caso di specie, il contesto di riferimento, in quel preciso momento, non era corredato da animosità tale da poter fare da sfondo ad uno scambio di parole la cui valenza intimidatoria poteva essere esclusa dalla partecipazione della persona offesa alla contesa.

La Corte, pertanto, ha confermato la condanna inflitta alla condomina per il reato di minaccia aggravata ex art. 612 co. II c.p..

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